Ispica, l’antica Hispicaefundus, chiamata, fino al 1935, Spaccaforno, è posta su una collina leggermente in pendio, a 170 metri circa dal livello del mare da cui dista 6 km. Il suo nome si fa derivare da un flume,
Hyspa; per alcuni il nome deriverebbe dal nome latino Speca (grotte); facendo riferimento a Spaccaforno il termine deriverebbe da due voci: Spacca, derivazione fonetica di Ispica, e forno, voce latina adoperata per significare le tombe a forma di forno che si trovano vicino all’abitato (la voce forno potrebbe derivare dal latino
fundus).
La città comprende un’area di impianto settecentesco, con una maglia stradale a scacchiera e un’area di impianto medievale con tracciati viari irregolari; quest’ultima area è adiacente a una rupe dove si trovano i ruderi di una fortezza, nucleo principale della città che prima del terremoto del 1693 si sviluppava anche nella parte finale della Cava d’Ispica. La fortezza vide una vita particolarmente intensa in età rinascimentale.
Dopo il terremoto, se alcuni quartieri furono ricostruiti intorno alle chiese rimaste in piedi (seppur danneggiate) di S. Antonio, del Carmine, dei Minori Osservanti, gli altri furono tracciati
ex novo sul colle Calandra con vie larghe e diritte, secondo la pianificazione urbanistica di due ingegneri venuti da Palermo al seguito di Don Blasco Maria Statella. Mentre i reperti archeologici testimoniano di una ininterrotta presenza abitativa del sito dall’età del bronzo, la più antica notizia riferita alla città si ha in una bolla di Papa Alessandro III nel 1168. Alla fine del sec. XIII la terra di Spaccaforno venne aggregata alla Contea di Modica.
Nel 1393 il Castello di Ispica è compreso tra i possedimenti comitali di Bernardo Cabrera. La città, nel 1453, fu ceduta dai Cabrera ad Antonio Caruso di Noto, Maestro Razionale del Regno. Nel 1493 Isabella Caruso sposa Francesco II Statella, discendente dei Conti della Contea di Statel in Fiandra. Per effetto di tale matrimonio i successori di Francesco,nel 1537, assunsero il possesso e il governo della città. Gli Statella ressero Spaccaforno fino al 1812, anno in cui venne abolita la feudalità.
La città fu incorporata nel distretto di Modica e nella provincia di Siracusa. Nel 1927, a causa dello scorporo di questa provincia, Ispica fu assegnata alla nuova provincia di Ragusa.
Luigi Capuana
«In alto, in cima alla roccia che scendeva a picco, si scorgevano, illuminati dal sole, i campanili, le cupole delle chiese, le facciate bianche e i tetti scuri di un gruppo di case affacciate proprio all’orlo del precipizio e quasi minaccianti di buttarsi giù».Luigi Capuana descrive così Ispica nell’opera Profumo. Lo scrittore visse nella città iblea dove iniziò a scrivere Il Marchese di Roccaverdina. Proprio nella cava, all’ombra di una rupe, sormontata da un castello di cui oggi restano solo dei ruderi, si estendeva l’antica Ispica.